Propagarsi il lievito. Ovvero come complicarsi la vita

“Facciamo delle Brett Ale!”
“Magico! E il brett?”
“Facciamocelo Fare!”
“Facciamocelo noi!”

La propagazione del lievito è un tema sicuramente caratterizzante per Ca’ del Brado, da un lato perché saper gestire il lievito è secondo noi parte integrante del lavoro di cantinieri di birra, dall’altro perché apre delle possibilità di sperimentazione altrimenti precluse a chi è immune al fascino del lievito liquido.

 

Inoculo di Brettanomyces Lambicus in foudre

Noi di Ca’ del Brado abbiamo scelto un sentiero che fa spola tra la tecnica e la deriva naturale che il tempo lascia a lieviti e batteri. La chiave del nostro lavoro è avviare nella giusta direzione il lavoro che la natura sa fare benissimo da sempre, cioè fermentare frutta e cereali.

 

Inizio delle propagazioni. Alcune beute ed alcune fiale,

Molte delle nostre birre (le Piè Veloce ed Invernomuto ad esempio) vengono fermentate inizialmente (fermentazione primaria) con una parte di lievito recuperato dal fondo delle botti ed una parte di lievito fresco, propagato da ceppo puro. Questa scelta ha lo scopo di mantenere una consistenza nelle produzioni nel tempo, ed insieme lasciare il nostro marchio nei gusti e negli aromi delle nostre etichette. La propagazione del lievito avviene usando una tecnica mista di propagazioni dette a batch e a fed-batch, che spieghiamo molto bene in questo articolo. In ogni caso sono due tecniche diverse, ma entrambe servono a far replicare i nostri funghi preferiti (i lieviti) in modo possibilmente efficace, cioè raggiungendo il target di cellule necessario, efficiente, cioè usando attrezzi e materie prime non troppo dispendiose, controllato, pulito e replicabile.

 

Inoculo di Brettanomyces Bruxellensis dal propagatore

Mi spiego meglio. Il pitching rate di cui necessitiamo è variabile, proprio perché il lievito recuperato da fermentazioni precedenti fa una parte del lavoro, e si aggira su una frazione del classico milione di cellule per millilitro per grado Plato (mln cells/ml/°P). La propagazione del levito puro viene condotta dapprima in beute di borosilicato, per poi finire grazie ad un prototipo di propagatore da 50 litri, di nostra realizzazione (articolo ad hoc anche per lui… promesso). Uno degli scopi del propagatore è infatti poter scegliere quali ceppi di lievito adottare, anche quelli commercializzati in volumi molto piccoli (pensate alle fiale o alle buste da 35/40 ml), e replicare quindi le cellule fino al numero necessario. Ciò fra l’altro apre la strada ad innumerevoli sperimentazioni di ceppi esotici. In realtà anche gli amichevoli saccaromiceti passano per per grinfie del propagatore… L’altro scopo della propagazione condotta in autonomia è evitare di rifornirci di grosse quantità di lievito liquido, che possa aver subito trasporti lunghi o stressanti.

L’efficienza nella propagazione deriva dal poter usare dei volumi di starter piccoli e nel poter lavorare (grazie al fed-batch) con un propagatore anch’esso relativamente piccolo. Per verificare che tutto stia procedendo correttamente ci siamo dovuti armare sin dall’inizio di microscopio e camera di conta, oltre che di pazienza, per campionare più o meno spesso il nostro mosto in propagazione. La conta cellulare ci dà una stima del numero di cellule che siamo riusciti ad ottenere man mano, ed una idea della sua vitalità, quindi “prontezza a fermentare”.

Infine, si parlava di un processo pulito e replicabile? Già, perché se quel lievito propagato, che a Ca’ del Brado lavora in squadra con il lievito recuperato, risulta contaminato e sempre diverso, poteva andar bene prima dell’invenzione della ruota (come disse qualcuno). Nella nostra cantina è all’affinamento, non alla fermentazione, che lasciamo prendere la propria strada, lasciando spazio all’affascinante variabilità che si manifesta sempre, governata da ciò che permea il legno, e libera da vincoli e tecnicismi. Il tempo e gli assaggi ci diranno quando la birra è pronta.

E già, yeast is the new hop…