Ricordo bene la sera in cui, di ritorno da una delle tante serate che organizzavamo come brewLab. Mario era al volante e disse, a me e a Marz, che stava provando a vendere un impianto per conto di un signore di Lanciano. Fu questione di un attimo: l’idea di comprare noi quell’impianto per fare qualcosa di importante insieme divenne appassionata materia di discussione delle settimane successive.
Eravamo già attivi nella divulgazione della cultura birraria in diverse forme e homebrewer nel tempo libero. Mario, per gli amici quarK, è il tecnico, o per meglio dire il ciappinaro (come si dice a Bologna), seguace di Piero Angela e del metodo scientifico. Marz il divulgatore, capace di disquisire di birra come si fa con le questioni di vita o di morte. Ed io, beh io sono quello delle idee impossibili, con sempre nuove cose da provare. Ci rendemmo subito conto che avremmo avuto bisogno di qualcuno che ci portasse con i piedi per terra; che avesse quindi dimestichezza con i numeri, i piani quinquennali e cose di questo tipo: fu così che ingaggiamo Matteo, amico di vecchia data e gestionale nell’anima.
Di quell’impianto di Lanciano alla fine non se ne fece nulla, se non un viaggio in loco dove incontrammo un italo-americano che starebbe benissimo in un film dei fratelli Coen.
La squadra si era comunque formata. Non potevamo più tirarci indietro.
La pulce nell’orecchio della cantina brassicola ce la mise Govo, birraio di Vecchia Orsa e caro amico, una sera in cui confrontandoci ci spiegò quanto fosse miserevole, duro e meraviglioso il mestiere di birraio. “Ragazzi, se potessi la farei io una bottaia. So quanto vi piace il mondo sour, perchè non provate?”. La luce si accese subito. Senza impianto, attrezzare una cantina di fermentazione ed imbottigliamento della birra non dovrebbe essere così difficile, no?
Due anni dopo, con litri di prove buttate nel lavandino, altre bevute con soddisfazione, una miriade di persone incontrate, i viaggi, i lunghi confronti, la guerra con l’agenzia delle dogane, l’aceto di birra, la ricerca dei fondi, lo studio intenso e tante giornate di lavoro passate ad attrezzare la miglior casa possibile per le nostre future birre, posso dire che no, non è stato affatto facile. E sì, ne è valsa totalmente la pena.