Italian Grape Ale (IGA) è il primo stile birrario italiano ad essere stato riconosciuto dal BJCP (Beer Judge Certification Program).
Per questa direzione produttiva (ovvero dove il vino incontra la birra) noi del Brado abbiamo scelto il nome Û, ovvero uva in dialetto bolognese.
La nostra idea sulle IGA è stata fin da subito chiara: lavorare con vignaioli naturali di cui apprezzassimo la genuinità dei vini, che abbracciassero la filosofia dei lieviti indigeni (visceralmente legati ad una specifica uva e ad uno specifico luogo) e coltivassero vigneti storicamente radicati al territorio.
- agricoltura focalizzata su vigneti storicamente legati al territorio, che ci fanno (ri)scoprire uvaggi interessantissimi quasi scomparsi per motivi di “moda” e di appiattimento per produzioni massive (quindi ne deriva anche una conseguente tutela della biodiversità)
- fermentazioni spontanee con l’uva che, seppure con le dovute attenzioni in cantina, accettano brettanomyces e flore microbiche, che anche noi amiamo e addirittura incentiviamo nel nostro lavoro
- non intervenendo con prodotti di sintesi sul processo – lasciando appunto che la fermentazione avvenga con ciò che è presente in vigna sugli acini – si valorizza ulteriormente il territorio (terroir), in quanto oltre alle caratteristiche dell’uva, andremo a ritrovare nel prodotto finito tutto ciò che influenza l’ambiente fermentativo: i fattori ambientali unici e peculiari di dove cresce la vigna
- producono vini “vivi”, genuini, ricchi si sfumature, di evoluzione e con longevità sorprendenti
- utilizzando gli acini o i loro prodotti in forme diverse: le fecce, il mosto d’uva non fermentato, il mosto fermentante, il mosto cotto, la saba, ecc.
- inserendo l’uva (o un lavorato della stessa) nella birra in fasi diverse: in bollitura, in fermentazione primaria o successivamente
- utilizzare le uve fresche nel momento della vendemmia (circa il 10/15% in rapporto al litraggio del mosto di birra)
- innesco della fermentazione spontaneo con l’uva: diraspata, leggermente pigiata e messa in macerazione con il mosto di birra appena giunge in bottaia
- macerazione sulle bucce estrema (dai 6 agli 8 mesi) per esaltare il contributo organolettico degli acini
- fermentazione e affinamento in legno con successivo inoculo di brettanomyces
- maturazione post condizionamento (in bottiglia e fusto), per far assestare le componenti tanniche e l’equilibrio complessivo della bevuta
Su cosa siano i vini naturali e su quali modalità agricole ed enologiche adottino i loro produttori non ci dilungheremo in questo articolo, potete però farvi un’idea leggendo questo articolo di MUNCHIES.
Noi di Ca’ del Brado abbiamo una propensione personale nel bere vini prodotti con questa filosofia di vinificazione principalmente per questi motivi:
Detto questo ritorniamo sulla birra. Con l’uva si può lavorare in diversi modi e momenti in birrificazione:
Viste però le affascinanti tipicità del vino naturale enunciate sopra, e volendo esaltare quanto più possibile la bellissima uva dei vignaioli con cui collaboriamo nelle nostre birre Û, abbiamo deciso di intraprendere questa direzione produttiva:
Seguendo questo processo le nostre Wild IGA escono quindi nell’anno successivo rispetto alla vendemmia dell’uva utilizzata, più o meno agli inizi della primavera.
Le birre del nostro progetto Û sono attualmente due:
Û baccabianca: dove utilizziamo l’uva a bacca bianca Grechetto Gentile destinato al Pignoletto del vignaiolo biodinamico Gradizzolo (situato nel Parco di Monteveglio).
Ne risulta una birra di colore lievemente ambrato, con aromi floreali, da frutta gialla matura ed eleganti note di ossidazione. Il corpo sinuoso è inspessito dai tannini e arrotondato dal legno, mentre la beva viene facilitata dall’acidità e da un’accentuata secchezza.
Û baccarossa: dove usiamo l’uva a bacca rossa Centesimino del vignaiolo naturale Ancarani (Oriolo dei Fichi – Faenza).
Viste le caratteristiche di quest’uva, solitamente, la relativa birra esce uno o due mesi dopo rispetto alla sorella Baccabianca, quando per noi trova la giusta amalgama in legno.
Ne risulta una birra di colore rubino, con note intense di frutta rossa e corpo percepibile senza rinunciare a una presenza fresca, funky e speziata, il tutto arricchito dalla complessità conferita dal legno.
Queste birre, seguendo i cicli della vendemmia, escono una sola volta l’anno, con le tipicità dell’uva di quel raccolto e le peculiarità sviluppatesi in bottaia nell’affinamento in legno.
Ha quindi assolutamente senso, per queste birre, parlare di annata, come del resto per altri prodotti che escono dalla nostra cantina brassicola.
Una piccola curiosità sul progetto grafico delle nostre IGA Û.
Dal momento che la legislazione italiana non permette raffigurazioni riguardanti l’uva in etichette di birra (grappolo, filari di vigne, foglia di vite, ecc.), in quanto reputate possibile causa di comunicazione fuorviante verso il consumatore, abbiamo voluto rappresentare l’abbraccio con il mondo enologico attraverso la celebre favola di Esopo “La Volpe e L’Uva“, in cui la volpe punta, senza riuscire a raggiungerla, una delle nostre botti.
Vogliamo chiudere questo articolo con questa riflessione: crediamo che la filosofia produttiva di questi vignaioli – che coincide in gran parte con la nostra – sia un importante esorcismo contro l’appiattimento, una bellissima e coraggiosa lotta per la tutela della diversità.
“Nondum matura est; nolo acerbam sumere” – Fedro (versione latina dalla favola: la Volpe e l’uva, originaria di Esopo)
Traduzione: “Non è ancora matura; non voglio coglierla acerba!”
P.s. l’incontro con questi vignaioli è stato possibile attraverso l’amico Andrea Rubbi, socio di Lortica (Bologna), Socmelier, attivo promotore della cultura enologica naturale e bevitore seriale.
BRD